sabato 4 febbraio 2012

Terremoti, ipotesi di un "avviso di chiamata"

Secondo alcuni ricercatori "outsiders" è possibile prevedere con largo anticipo i disastri. Ma chi è che non vuole diffondere queste notizie?

Più volte ci siamo occupati, grazie anche gentile collaborazione di esperti del settore provenienti dall’Università degli Studi della Basilicata, di terremoti e di tutte le problematiche che essi comportano ma non solo, abbiamo analizzato in maniera dettagliata cos’è il Rischio Sismico, come si sviluppano tecniche di costruzioni antisismiche e tutto ciò che ruota intorno a calamità naturali di questa portata. Nelle nostre indagini ci siamo posti moltissime domande alle quali i nostri esperti hanno saputo rispondere in maniera completa e professionale informandoci sul fatto che fino ad oggi molto si è fatto, ma ancora tanto si dovrà fare. Alla luce di tutte queste informazioni pervenute fino a questo momento aggiunte alle modernissime tecniche di rilevamento sismico e alla grande prevenzione che nel corso degli anni è stata imposta oggi possiamo porci un ulteriore domanda, forse la più banale, ma anche la più difficile da un  punto di vista interpretativo: Ma è possibile prevedere i terremoti? Fornire delle risposte adeguate a questa domanda diventa un compito arduo anche perché esporsi in maniera diretta a temi delicati come questo rischierebbe di generare quello che tutti comunemente chiamano “terrorismo psicologico”. Esistono diverse teorie che gravitano attorno al tema della prevedibilità, navigando su Internet, siamo venuti a conoscenza di particolari algoritmi che sarebbero in grado di prevedere un evento sismico con un attendibilità pari all’80%. In un articolo pubblicato dalla rivista Scienza@Trieste.it nell’ottobre del 2004 si parla proprio di prevedibilità di terremoti. Pare che da oltre trent’anni un gruppo di scienziati russi, americani, giapponesi ed italiani stiano lavorando a questo risultato. L’idea nata dal russo Vladimir Keilis-Borok, di oltre 90 anni, nel corso del tempo ha ottenuto una cassa di risonanza così elevata tanto da muovere gli interessi anche di chi, apparentemente, in questo campo c’entra ben poco, ma procediamo per gradi. Borok, fondatore dell’ International Institute  of Earthquake Prediction Theory and Mathematical Geophysics, intuì che i grandi terremoti possono essere preannunciati dalle scosse  minori che interessano le regioni sismiche quasi quotidianamente. Sono quattro i sintomi che possono indicare l’approssimarsi di un forte terremoto: le piccole scosse diventano più frequenti, tendono a raggrupparsi nel tempo, si verificano simultaneamente in aree distanti e infine la loro intensità media cresce. Gli algoritmi sviluppati, quindi, sono in grado di indicare, a partire dai dati della sismicità minore, l’imminenza di grossi terremoti. Gli algoritmi in questione sono l’M8 e CN. Il primo, l’M8, prevede, sia pure con grande approssimazione sull’area e sul tempo, il 90% dei terremoti con magnitudo superiore ad 8. Nel giugno del 2003 il gruppo di ricerca iniziò a prevedere un sisma con magnitudo di almeno 6.4 entro nove mesi in una zona relativamente piccola della California meridionale, il 22 dicembre 2003 un sima di magnitudo 6.5 colpì la cittadina di San Simeon. Nel luglio 2003 Keilis-Borok con i colleghi giapponesi fece una previsione di un terremoto di magnitudo superiore a 7 entro 5 mesi, a Hokkaido, il 25 settembre 2003 un fortissimo terremoto di magnitudo 8.1 devastò l’isola. Pare anche che nel settembre 2008 il gruppo di matematici avesse avvertito un allarme per il centro Italia prevedendo che nel 2009 si sarebbe verificato un grande evento sismico proprio in quelle zone, è ormai sotto gli occhi di tutti cosa è successo a L’Aquila  il 6 aprile dello scorso anno. Ma se questi algoritmi sono così veritieri perché queste informazioni non vengono divulgate? Se veramente il sisma de l’Aquila era stato previsto perché non si sono prese misure di sicurezza? Indagando su internet siamo venuti a conoscenza che dietro a questo bavaglio divulgativo ci sarebbe la mano di alcune compagnie assicurative ovviamente stiamo parlando a livello mondiale anche perché in Italia l’assicurazione obbligatoria contro i danni provocati dalle calamità naturali ancora non esiste. Anche se l'Italia è un paese esposto alle calamità naturali (terremoti, dissesti idrogeologici, eruzioni vulcaniche, eccetera), solo quando si verifica un grave evento si parla di politiche economiche volte a trovare le risorse per coprire i danni a persone, ambiente e attività produttive. Attualmente non esiste alcuna legge che imponga allo Stato di indennizzare tali danni. È però prassi consolidata che dopo ogni calamità il governo intervenga con provvedimenti specifici, per esempio una tassa una tantum, e reperisca così somme di denaro per effettuare gli interventi di soccorso, ripristinare le strutture viabilistiche, indennizzare i danni subiti da enti pubblici, dai privati e dalle imprese. Nel resto del mondo, invece, le compagnie di assicurazione sono in grado di offrire polizze sulle calamità naturali, e in particolare sui terremoti, sulla base delle probabilità di accadimento in un determinato contesto territoriale utilizzando proprio i sistemi di prevedibilità che permettono di definire le zone a Rischio Sismico. Al problema dell'ingente entità dei danni, che potrebbe comportare difetti di solvibilità per le compagnie di assicurazione, si è pensato di ovviare verso soluzioni interne che rientrano nel famoso bavaglio di cui parlavamo in precedenza. Vere o false che siano queste notizie ci destano molta preoccupazione, è innegabile che stiamo parlando di un business enorme su scala mondiale, ma è possibile che la brutalità dell’essere umano arrivi fino a questo punto giocando con la vita delle persone? Eppure sono ancora sotto gli occhi di tutti le immagini de L’Aquila distrutta, di gente sommersa sotto le macerie, di morte, di dolore. Da parte nostra non possiamo fare nient’altro che divulgare queste informazioni, se esistono metodi fortemente attendibili di previsioni di eventi di calamità naturali occorre saperlo. L’Italia non è la California, dove molti terremoti riguardano zone desertiche ecco perché si rende necessaria la divulgazione  di questi algoritmi capaci di prevedere i terremoti.  Dobbiamo fare in  modo che la prossima previsione venga resa pubblica e che non rimanga segreta al solito gruppo ristretto. Con azioni di prevenzione mirate all’organizzazione e all’efficienza dei soccorsi si potrebbero evitare numerosi disastri.


* Articolo di Luca Santoro tratto dal settimanale Controsenso Basilicata del 12 Giugno 2010

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